martedì 8 marzo 2011

L/OTTO MARZO!


di Francesca Bertucci *


Non hanno tempo, dicono. E sempre troppe cose da fare. Ci mancava solo che qualcuno risollevasse la “questione femminile 2.0”… obbligatorio schierarsi: “O sante, o puttane”… di nuovo?...Bella gatta da pelare!

Ma chi ha avuto tempo di pensarci? Sembrava storia vecchia… ma non eravamo andate oltre? Forse che sì, forse che no. Eppure un’idea bisognerà pur farsela, costruirsi un’opinione… dire qualcosa. E invece sempre più spesso succede che non dicano niente, troppo prese da cose da fare, gente da vedere, progetti da realizzare, o semplicemente divertirsi (e che ca**o!)… forse hanno poca memoria. Questo è il problema, la questione più difficile, da sempre: ricordare, imparare dal passato per costruire un futuro che non sembri solo il reiterarsi dei soliti, vecchi errori.

Sono le donne di oggi. Sono io che scrivo, 25enne, laureata, disoccupata – o, se andrà meglio di ora, comunque precaria – dalla piccola provincia sonnacchiosa. E sei tu che leggi, adolescente e impaziente di correre a vivere la tua vita, libera di conoscere il mondo e sbagliare; oppure tu, mamma cassa-integrata, magari pure single; o tu, che saresti una banalissima impiegata, se non fosse che ti piacciono le donne; o ancora tu, seduta in sala d’aspetto in un consultorio, che stai per avvalerti del tuo diritto ad abortire per ragioni che solo tu sei tenuta a conoscere, e ti ritrovi a doverle spiegare ad un estraneo che vuole convincerti che la tua scelta – che deve essere tua e solo tua!- è immorale; ma anche tu, brillante promessa di chissà quale facoltosa azienda (ovunque tu sia!), privilegiata nella tua condizione di dipendente a tempo indeterminato, costretta a veder trascorrere la tua vita mentre attendi il momento giusto per poterti anche solo concedere di pensare all’eventuale desiderio di essere madre, perché quel desiderio risulta inconciliabile con la carriera che tanto faticosamente ti sei costruita; chiunque tu sia, qualunque donna tu sia: ora fermati e ascolta. Ci sono scelte che sono e devono essere solo nostre, diritti che nessuno, se non noi, possiamo e dobbiamo rivendicare. Non si riesce a spiegare con completezza, a volte nemmeno a noi stesse, cosa vuol dire essere donna e tutte le gioie e i dolori che ciò comporta, ma ognuna dentro di sé lo sa bene ed è per tutte quelle ragioni che dobbiamo trovare il tempo di fermarci ed ascoltarci, svegliare le nostre coscienze dal torpore della quotidianità e agire, per noi stesse e per quelle che ancora non possono o non riescono a farlo.

L’8 marzo nacque come giornata internazionale dell’operaia, prima ancora che della donna, perché l’ingresso nel mondo alienante della fabbrica ha posto di fatto la donna sullo stesso piano dell’uomo ed ha aperto così la strada alle rivendicazioni femminili di emancipazione. Le nuove generazioni di donne, la mia, hanno lottato poco, forse per nulla, non ne hanno sentito il bisogno, perché il lavoro “sporco” lo avevano già fatto le nostre antenate, che hanno avuto il coraggio di esigere di più e di lottare per conquistarselo, per consentire alle donne del futuro, a noi, di vivere con dignità. Mi piacerebbe che ogni donna sentisse sua quest’eredità comune e l’importanza di riaffermarla giorno dopo giorno, anche a costo di sacrifici, perché c’è ancora un sacco di lavoro da fare e spetta a noi, a nessun altro, guadagnarci il nostro spazio nel mondo, nella società. Voglio vedere le piazze piene quando una donna viene licenziata, umiliata, pestata o addirittura uccisa, perché qualcuno ha creduto di poterlo fare, così, alla leggera. Le donne per le donne. Se c’è qualcosa che dobbiamo imparare dagli uomini, è fare gruppo; in questo non siamo ancora abbastanza brave.

“Siaaaaaaaaaaaamoooooooooo dooooooooooonneeeeeeeeeeee, oltre alle gambe c’è di piùùùùùùùùùù” e spesso è vero, tuttavia non condanniamo le libere scelte individuali, purché rimangano libere ed individuali e non pilotate e generalizzate all’intera categoria. Pretendete di poter scegliere, di poter costruire la vostra identità liberamente, di essere le sole che possano affibbiarvi delle etichette, suora o puttana, femminista o no, camionista o velina, a me non importa purché, quando rivendicate il vostro essere donna, siate consapevoli di cosa state parlando.

Non parliamo di rispetto e parità: pretendiamoli e prendiamoceli!

Per l’autodeterminazione dei nostri corpi, dei nostri bisogni e dei nostri desideri.

Buona Giornata della Donna a tutte/i!

P.S. un apprezzamento particolare – e doveroso, secondo me – va a tutti quegli uomini che amano le donne, non solo il loro corpo, non solo l’idea che ne hanno, ma l’essere umano femminile, con tutta la sua forza e le sue fragilità: grazie di esserci e di combattere con noi.


*piratessa delle risaie

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